Tra i tanti borghi italiani che festeggiano il Carnevale, alcuni sono certificati con il marchio di Bandiera Arancione, che il Touring Club Italiano conferisce per qualità dell'offerta e dell'accoglienza turistica. Se dovete scegliere tra quali paesi visitare, sappiate dunque che quelli dove sventola la Bandiera Arancione hanno una marcia in più... anche nelle feste di Carnevale.
Da sempre i dolci e le tipicità gastronomiche scandiscono i momenti più importanti dell’anno. E il periodo di carnevale è uno di questi, ricco di prelibatezze tutte da gustare! Scopriamone alcune, insieme alle antiche tradizioni che caratterizzano cinque borghi Bandiera Arancione.
1. GAVOI (NU), IN SARDEGNA
Partiamo dalla Sardegna e da un piccolo centro della Barbagia dove, ovviamente, troviamo tanti dolci fritti, come i ravioli di ricotta - rubiolos, palline fritte di ricotta o formaggio dolce, immerse nel miele e zuccherate; le zeppole - tzipulas, di varie dimensioni, con o senza patate, con una spolverata di zucchero o salate da accompagnare a formaggi e salumi; i pilichittos, dolcetti di mandorla aromatizzati al liquore, vuoti o pieni, comunque glassati, nella forma di rombi costituiti da piccole palline di pasta fritte e unite tra loro con zucchero e miele.
L’antico carnevale di Gavoi mette la musica al centro della festa di “Sos Tumbarinos”. Dal giovedì grasso, denominato anche “jobia lardajola” perché per l’occasione si preparavano le fave con il lardo, centinaia di tamburini gavoesi animano le strade del paese suonando i loro tamburi costruiti a mano. Accompagnata anche dai suoni di “Su Pipiolu” (il piffero), “Su Triangulu” (il triangolo)” e “Su Tumborro”, altro strumento a corda, la comunità continua a ballare e divertirsi fino al martedì grasso, quando si saluta la festa bruciando su un rogo “Zizzarone”, il fantoccio del re del carnevale.
2. ALIANO (MT), IN BASILICATA
Parlando di carnevale, si pensa sempre ai dolci fritti ma in Basilicata e nel piccolo borgo di Aliano, in provincia di Matera, è tempo della rafanata, una via di mezzo tra una frittata e una torta rustica, con uova, tanto pecorino e una bella grattugiata di rafano a crudo che le conferisce un sapore piccante e balsamico. I frizzul, un particolare tipo di pasta (si preparano con un filo di giunco attorno al quale si avvolge la pasta) e le sauzizz, salsicce di maiale, completano lo speciale menù di questo momento dell’anno.
Di argilla e cartapesta, realizzate con il sapiente lavoro degli artigiani del posto, sono dipinte e dalla parte frontale spuntano corna pronunciate ed enormi nasi pendenti. Le maschere cornute caratterizzano il carnevale di Aliano: i figuranti che le indossano sfilano per il borgo muovendosi al suono di fisarmoniche e "cupa cupa". Il loro carattere minaccioso è mitigato dai coloratissimi cappelli che indossano. Uniche nella loro particolarità, queste maschere testimoniamo una tradizione rimasta immutata nel tempo.
3. AMANDOLA (FM), NELLE MARCHE
Il "Carnevale de li Paniccià” di Amandola prende il suo nome da un antico soprannome con cui gli abitanti di Amandola chiamavano nel Medioevo coloro che si dedicavano alla tintura delle stoffe (panni). Una serie di eventi infoltisce il programma per quasi un mese. Il cuore della manifestazione, però, è la sfilata dei carri allegorici, gruppi mascherati (realizzati dalle scuole) e macchiette (maschere singole).
Grande spazio si prende anche alla gastronomia tipica del territorio: come i piatti al tartufo, prodotto principe della zona e, tra i dolci di carnevale, la cicerchiata, dolce tipico dell’intero territorio regionale, fatto con l'impasto usato per fare la pasta all'uovo a cui viene aggiunto un po' di mistrà. Prende il nome dalle cicerchie, antichi legumi di cui ricorda l'aspetto. Viene fritto in piccole palline, fatto sgocciolare ed amalgamato in pentola con miele; viene poi fatto raffreddare a forma di ciambella e mangiato a fette.
4. SANTA FIORA (GR), IN TOSCANA
Nella piccola frazione di Marroneto, l’ultimo sabato di carnevale, si svolge un’antica e particolare tradizione, si tratta del “carnevale morto”, un evento giocoso, satirico e molto curioso: qui infatti il carnevale non è sinonimo di maschere e sfilate di carri allegorici ma è l’occasione per proporre uno spettacolo messo in scena dalla gente del posto. Una particolare rappresentazione che si tramanda da generazioni, dove si dà il saluto al "Carnevale" che viene ucciso dalla "Quaresima".
I folti boschi di castagni danno il nome a questo piccolo centro e, tra i prodotti tipici della zona, spiccano la castagna marrone dell’Amiata IGP. Tra i piatti invernali, assolutamente da assaggiare è la polenta di castagne. Mentre nel periodo di carnevale non possono mancare le tipiche castagnole che qui non sono tonde, ma rettangolari o quadrate. Altra differenza, sono vuote all’interno e condite con alchermes e zucchero semolato.
5. VARALLO (VC), IN PIEMONTE
Il carnevale di Varallo (VC) inizia ogni anno il giorno dell'Epifania, con la sfilata della “Veggia Pasquetta” e si conclude il mercoledì delle ceneri. Una tradizione secolare che rivive in tante manifestazioni per adulti e bambini. In questo periodo la città è governata dalla maschera Marcantonio Carlavèe che insieme alla consorte Cecca organizzano feste, balli e cene per rallegrare i sudditi. La manifestazione si conclude il mercoledì delle ceneri (giorno di inizio della Quaresima) con il Processo a Marcantonio e il rogo.
La Paniccia è la più antica tradizione del carnevale di Varallo ed è il piatto tipico di questo periodo in Valsesia: un ricco minestrone di riso e verdure cotto sul fuoco dentro grandi pentoloni. Un pasto semplice e sostanzioso, che viene preparato il Martedì Grasso e poi distribuito alla popolazione secondo l’antico spirito solidale che un tempo garantiva un piatto caldo a tutti.