A Castelsaraceno, borgo Bandiera Arancione del Touring Club Italiano incastonato tra il Parco Nazionale del Pollino e quello dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, le ricette non si trovano nei libri, ma nei racconti accanto al fuoco e nelle sere lunghe d’inverno.

Le donne del paese, le cosiddette “cuciniere”, vere custodi di saperi tramandati oralmente, sapevano dosare “a occhio” e cucinare “di cuore”. Non servivano strumenti, bastava l’esperienza. Così si è tramandato un patrimonio culinario autentico, fatto di necessità, stagionalità e intelligenza contadina. Una cultura alimentare nata dalla fatica, ma cresciuta nella gioia della condivisione.

E proprio grazie alla testimonianza viva di chi ha cucinato, mangiato, condiviso, siamo in grado di gustare questi 7 prodotti e piatti tipici tutti riconosciuti come Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) dal MASAF – Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.

Il Tagliatizzo

Si tratta di un formaggio ovino dalla stagionatura dorata, simbolo di genuinità e semplicità. Morbido e saporito, era il companatico d’eccellenza dei pasti più umili, spesso accompagnato solo da pane e cipolla: un pasto modesto, ma capace di regalare piacere autentico. Forse meno noto di altri formaggi lucani, il Tagliatizzo conserva intatta la sua autenticità, testimone di una lunga tradizione pastorale che ancora oggi vive nelle case e nelle tavole locali.

La Rafanata

Regina della tavola lucana, non è una semplice frittata, ma una pasta al forno ricca e complessa, profumata e avvolgente. Tradizionalmente, la pasta, preparata con uova e farine locali, faceva il suo ingresso trionfante la sera del Martedì Grasso, condita con formaggio, rafano, sugo e protagonista dei riti a cui i commensali non si sottraevano; osservare l’ombra della propria testa voltandosi alla terza forchettata, girare la sedia al fuoco del camino e lasciare l’ombra al suo destino, tra le esilaranti “cosecoselle” da ascoltare e indovinare più che da raccontare. Ancora oggi ogni famiglia la prepara con cura, mantenendo viva una tradizione secolare.

La Pastorale

È un piatto che incarna l’anima semplice e autentica delle cucine pastorali. Preparata con carne ovina cotta lentamente insieme a cipolla, acqua e peperoncino, nasce dall’essenzialità e dalla necessità: un tempo si utilizzavano le pecore anziane, ferite o non più fertili, trasformando ciò che restava della vita del gregge in nutrimento prezioso. Anche i briganti, si dice, la cucinassero tra boschi e sentieri.

La Nnuglia

Arricchita con cotenna, è un piccolo capolavoro di ingegno femminile. Da un impasto semplice e povero prende forma un salume dalla consistenza inconfondibile e dal gusto intenso. La cotenna, pre-cotta e finemente sminuzzata, dona croccantezza e carattere, trasformando ogni morso in un’esperienza sorprendente. Nei camini di Castelsaraceno, la tradizione della Nnuglia arrostita si rinnova ad ogni inverno.

La Munnulata

È una zuppa che profuma di semplicità e memoria contadina. Nata dall’incontro di castagne, fagioli e patate, racconta i giorni d’inverno quando si attingeva alle scorte messe da parte dopo i raccolti. Ogni passaggio era un rito di gesti antichi: la mondatura attenta, l’ammollo paziente, la lenta cottura che faceva sprigionare aromi caldi e rassicuranti. Infine, l’aglio, l’olio e il peperoncino regalavano carattere e intensità, trasformando ingredienti umili in un piatto di straordinaria genuinità, capace di scaldare corpo e cuore.

L'insalata i l zit

L' insalata degli sposi, un piatto simbolico, legato ai pranzi nuziali della tradizione contadina. Preparata con verza cruda, chicchi d’uva, un filo d’olio e un pizzico di sale, portava freschezza e leggerezza in tavola nei giorni di festa. Veniva servita nelle case trasformate per l’occasione: stanze svuotate dei mobili, ricolme di sedie e stoviglie prese in prestito dai vicini, dove intere comunità si raccoglievano per celebrare gli sposi. Semplice all’apparenza, racchiude in sé una lunga storia di convivialità e condivisione, oltre a rappresentare, forse inconsapevolmente, un omaggio alla cucina vegetale, sana ed essenziale.

Il Tortano

È un pane a forma di ciambella, generoso e sostanzioso, farcito con salumi, formaggi o con la tipica Nnuglia. Preparato in occasione delle festività, portava in tavola il gusto della festa e il valore della condivisione, diventando il fulcro dei banchetti familiari. Ogni casa tramanda la propria ricetta, con varianti custodite gelosamente e arricchite da ingredienti del territorio. Così, da semplice pane ripieno, il Tortano è divenuto un emblema della cucina casalinga locale: un intreccio di sapori, tradizioni e convivialità.

Mentre le stagioni passano e le generazioni cambiano, questi piatti resistono, vibrano come corde antiche: nelle cucine di casa, nei pranzi di festa, nei gesti che si ripetono. E ogni volta che qualcuno offre un pò di tortano o un piatto di Munnulata, non serve solo cibo, ma trasmette memoria, bellezza, identità

Ancora oggi, durante la “Pasquetta” , al Bosco Favino il giorno di Ferragosto o alla “Festa del Centro Storico” il 13 agosto, questi piatti tornano protagonisti, testimoniando un legame autentico tra passato e presente.