Giorno dopo giorno è il progetto per raccontare Peccioli, il borgo Bandiera Arancione del Pisano che in questi anni ha visto portare avanti, anche con il sostegno e la collaborazione del Touring Club Italiano, molte iniziative riguardanti lo sviluppo turistico sostenibile. Nell'estate 2025 i 4600 abitanti di Peccioli sono stati chiamati a dare il loro punto di vista sul borgo, raccontando la loro esperienza, aneddoti sulle tradizioni e sulla quotidianità, momenti memorabili, stranezze, episodi che li legano al territorio e alle sue peculiarità. In questa pagina la presentazione del progetto e l'indice delle storie raccolte; a seguire il racconto di Luigi B.
Il Natale a casa di un operaio della Piaggio
di Luigi B.
Quando si avvicinava il Natale a Peccioli sentivamo le campane molto più spesso e in quei giorni suonavano con più allegria o forse ci sembrava così, anche perché noi ragazzi sentivamo l'odore della grande festa. Il Natale in quegli anni, era per noi un giorno molto più importante del Natale come vissuto oggi, era il ritrovarsi intorno alla tavola, colma di tante cose buone che per tutto l'anno non si erano mai viste con l'allegria negli occhi di tutti noi nel ricevere un giocattolo. Per noi ragazzi tutto era magico. Cominciamo dall'albero.
L'albero di Natale non potevamo comprarlo come oggi già pronto con tutti i rametti verdi e dritti. L'unico modo per averlo era di andarlo a tagliare nel bosco. Io e mio fratello più grande durante l'inverno, non avendo nessun tipo di riscaldamento per la casa, andavamo due o tre volte la settimana a far legna nel bosco. Partivamo nel primo pomeriggio a piedi dopo la scuola per andare in una zona che era distante tre o quattro chilometri da casa. Lui portava un corbello grande per la legna ed io uno più piccolo. I corbelli erano molto pesanti e ci dovevamo fermare molte volte per riposarci e per questo tornavamo a casa che era ormai buio però conoscevamo tutto del bosco, specialmente i piccoli pini che erano perfetti per diventare alberi di natale. Purtroppo non eravamo i soli a volersi procurare l'albero di Natale e a volte capitava che qualcuno arrivasse prima di noi. La volontà di avere l'albero era molta e pertanto al posto dell'abete e del pino dovevamo scegliere un albero di cipresso oppure di ginepro. Erano alberi fatti male, sgraziati, con i rami più lunghi nella cima e corti in basso ma pur sempre erano alberi!
Dovevamo procurarci un secchio perché non c'era altro modo di fare stare in piedi l'albero. Il secchio ce lo regalavano nei negozi di alimentari. Oggi ci sono i barattoli per i pelati piccoli ma in quei tempi esistevano soltanto dei grandi barattoli di latta per la conserva di pomodoro che veniva venduta. Quando i barattoli erano finiti il commerciante non li buttava perché sapeva che potevano servire a qualcuno e li regalava. Noi ci facevano due buchi nel bordo in alto e usavamo un pezzo di fil di ferro come manico e il secchio era pronto. Mettevamo l'albero dentro al secchio riempito di terra in modo che rimanesse dritto e, per coprire la terra, usavamo un pezzo di carta gialla come la carta per incartare la pasta. L'albero era pronto nel secchio e da quel momento stava alla nostra mamma metterci il resto dopo che noi eravamo andati a letto. Ecco un po' di carbone acceso nel Cardano e tutti a nanna. La mattina ci svegliavamo con il suono delle campane a festa e con un profumo della salsa appena fatta dalla mamma. Era un bell'incentivo perché con il freddo che faceva non uscivamo dal letto volentieri. Pensate che le gocce d'acqua che scendevano dai tetti formavano dei ghiaccioli come le stalattiti!
Ma la curiosità di vedere l'albero con tutti i suoi regali era forte così in silenzio aprivamo la porta e facendo capolino davanti a noi trovavamo uno spettacolo. L'albero era tutto colorato con tante belle palline color arancio naturale. Erano infatti tanti mandarini e arance infilzate con il filo per cucire e legati ai rami c'erano anche fichi secchi, noci, cioccolatini con la carta argentata e dorata, cavallucci, caramelle con la carta di tanti colori e piccole stecche di liquirizia. La nostra mamma aggiungeva anche qualche pezzo di carbone e il tutto era decorato con una bella spruzzata di farina bianca come la neve e, quando era disponibile, al posto della farina metteva dei batuffoli di cotone nei rametti e anche appiccicati ai vetri delle finestre come i fiocchi di neve. Era un albero bellissimo anche se un po' storto. Per quanto riguarda i regali di Natale io e i miei fratelli avevamo un vantaggio, nonostante non ci fossero tanti soldi.
Io sono nato nella seconda metà della guerra pertanto posso dire che la guerra vera e propria non l'ho conosciuta ma ho vissuto la lenta ricostruzione con tutte le sue vicende per ritornare a vivere dopo tutto quel male.
Io potevo davvero dirmi fortunato perché il mio babbo già prima della guerra lavorava alla Piaggio e così con la ripresa anche la Piaggio iniziò di nuovo ad assumere personale che sapeva già lavorare in fabbrica. Mio babbo fu riassunto in quanto aveva le mani d'oro nel maneggiare e modellare la lamiera, l'alluminio e l'ottone. Ancora oggi in casa conservo una mezzina, una brocca in ottone ricavata dal bossolo di un cannone cilindrico che lui aveva modellato.
Come tutti gli operai della Piaggio nel periodo di Natale, il mio babbo ritornava dalla fabbrica con i regali per noi. Io ero il fratello con più inventiva e il mio babbo faceva il possibile per farmi avere un giocattolo che potesse stimolare la mia creatività. Così un anno potevo avere un trenino con la carica a molle, un altro anno un meccano con tante barrette di metallo forate per metterci piccole viti e fare tutti i montaggi che volevo. Ho costruito tantissime cose con i regali del mio babbo. Ai miei fratelli venivano dati altri giocattoli e li trovavamo tutti sotto l'albero insieme al panforte di Siena che chiamavano panellino, una grande scatola di Ricciarelli e poi la frutta come le banane e anche i datteri che nel nostro paese non si trovavano. Il panellino piaceva molto al mio babbo e a fine pranzo lo scartava con cura. Davanti ai nostri occhi attenti e ansiosi di assaggiarlo lo tagliava in piccoli spicchi e lo dava a noi bimbi per primi e dopo rideva felice di vederci così contenti e a quel punto mangiava uno spicchio anche lui e ne dava uno alla mamma. Mia mamma che lui chiamava Bimba si metteva a sedere a tavola dopo che aveva servito tutti noi e a fine pranzo faceva l'ingresso con la sua bella pasta Margherita al cioccolato e bianca di zucchero di vaniglia. A noi piaceva molto e al nostro babbo ancora di più. Lui diceva che mangiandola strozzava un poco perché non scendeva bene in bocca, ma era una scusa perché almeno poteva bere un bicchierino di Strega,un liquore molto forte fatto in casa con alcol puro e altri aromi.
Finito il pranzo era tempo di togliere tutto dalla tavola, tutto ma non il vino, il liquore e i dolci per fare spazio ai regali. Non c'erano fotografie da fare, non c'erano bigliettini da leggere, ma c'erano tanti bei sorrisi e gli occhi del mio babbo e della mia mamma compiaciuti di vederci tutti insieme felici.