Giorno dopo giorno è il progetto per raccontare Peccioli, il borgo Bandiera Arancione del Pisano che in questi anni ha visto portare avanti, anche con il sostegno e la collaborazione del Touring Club Italiano, molte iniziative riguardanti lo sviluppo turistico sostenibile. Nell'estate 2025 i 4600 abitanti di Peccioli sono stati chiamati a dare il loro punto di vista sul borgo, raccontando la loro esperienza, aneddoti sulle tradizioni e sulla quotidianità, momenti memorabili, stranezze, episodi che li legano al territorio e alle sue peculiarità. In questa pagina la presentazione del progetto e l'indice delle storie raccolte; a seguire il racconto di Angelo G.

La storia di Angelo, ambientalista cacciatore

Io ho 77 anni fra un mese, quindi sono del ’48. Quindi… ho vissuto. Mi ricordo da bimbo, perché sono nato qui a Fabbrica. Poi ho abitato 21 anni a Montecchio, che è una frazione, e da 45 sto a Peccioli. Da quando mi sono sposato sto a Peccioli. Quindi conosco un po’ tutta la storia del comune. A Fabbrica ci sono stato fino a 13 anni. C’ho le basi lì. Mi tira sempre a venire a Fabbrica.

Sono presidente di un ripopolamento di caccia. Presidente da 40 anni. Sono quasi da rottamare ormai, insomma. Il ripopolamento è una zona tabellata, cioè autorizzata prima dalla Provincia, ora confermata dalla Regione. È una zona dove non si può andare a caccia, dove viene protetta la fauna. Ma oggi, con l’arrivo di cinghiali e ungulati, che fanno danno all’agricoltura, si può fare contenimento.

Non è caccia, è contenimento. Si catturano e si abbattono cinghiali. L’indirizzo della zona è lepri e fagiani, quindi gli altri animali sono antagonisti e vanno contenuti. Ma anche le volpi, per dire, non si devono estinguere. I corvidi, come gazze e cornacchie, sono predatori. Le gazze, per esempio, fanno i nidi nei cipressi, da cima a fondo. La guardiacaccia dell’azienda lo sa. Io mi considero un ambientalista cacciatore.

Negli ultimi due anni abbiamo preso 60 volpi. Immaginate che predazione fanno alla selvaggina. I cinghiali? Sono arrivati negli ultimi quarant’anni. Mi ricordo la prima volta che ne ho visto uno: si faceva il censimento dei fagiani con il cane, ad agosto. L’ho fatto una volta e mai più. Ognuno andava per conto suo, si faceva confusione, danni.

Una volta c’erano tutti i campi di erba medica, e si facevano le gare… ma si andava fuori di testa. Mai più. Si fanno danni agli agricoltori.

Da bambino, qui attorno c’erano le starne, le pernici. La pernice, forse ne avete vista una, o era una fagiana femmina. Io sono nato in una casa da questa parte, ora sento il ripopolamento anche da casa. Io sento respirare gli animali. Voi direte: “Ma sei normale?”. Sì, sono normale. Quando vado a caccia, a volte faccio il selecontrollo al capriolo. Ne ho preso uno dopo 16 uscite. Facciamo censimenti anche per i caprioli. Poi la Regione ci dà un piano di abbattimento da rispettare. Se non lo rispetti hai penalità. Quindi ci tocca uscire, anche se non ne puoi più.

Siamo 40 in un distretto di 2.000 ettari. Io ho la mia zona, con 4 appostamenti. Solo io o chi autorizzo può andarci. Se uno ha già sparato, può cedere il posto a un altro. Chi mi ha insegnato a sparare? Mio babbo. Lui era un cacciatore. Mi ricordo la prima fucilata: tirata a un coniglio.

Da bimbetto si ammazzavano le martore. Le martore sono predatori, come i lupi: se entrano in un pollaio, lo fanno a pezzi. Si andava a fare le uova dai contadini. Era un’usanza da bimbetti: si mostrava la martora e si chiedevano le uova.

Ho insegnato qualcosa anche ai più giovani. A volte vedo cacciatori girare con l’arma scarica ma la punta a destra e sinistra. Mio padre mi diceva: "Mai puntare l’arma verso qualcuno, nemmeno scarica." E così faccio anche io.

Ho una Panda per andare a caccia. L’arma la metto sempre nella custodia, con le canne verso il basso. È una procedura che mi è rimasta impressa.

A 18 anni mi diedero una bella lezione. Ho commesso un’infrazione e mi hanno dato 1000 lire di multa. Ne guadagnavo 200 all’ora, era un salasso. E ancora oggi metto sempre le frecce, anche a mezzanotte, anche se non c’è nessuno.

Alla Piaggio mi chiamavano "Gomma" o "Gommone". Non so da dove venisse. Un mio nipote lo chiamavano Piero Boninsegna, perché era interista. Qui i soprannomi restano. Per esempio: a Fabbrica c’era "Bacchiola", che costruiva la regimazione del lago degli Acciaroli. Poi c’era "Pietracche". Questi soprannomi a volte passano di generazione. A Montecchio c’era Rodolfo di Milano. Anche se non si sa bene perché.

Vengo da una famiglia di campagna, eravamo in 12. C’erano tre fratelli, i miei genitori, i miei zii. Tutti insieme. A scuola ci andavano in pochi. Quando ho preso la patente, lavoravo. Sono perito meccanico, lavoravo in un’officina a Pontedera. Turni dalle 6 alle 2, dalle 2 alle 10. Alla Piaggio facevo il tornitore in attrezzeria. Vi ricordate le 150 ore per i lavoratori-studenti? Ecco, io ero uno di quelli. Io ero bravo a scuola, mi avevano messo col maestro, ma quando nacque mia sorella e mio cugino, due bimbetti, toccò a me tirare la baracca. Piangevo, volevo andare a scuola. Quando da grande ho avuto l’occasione di rimettermi a studiare ho anche fatto la maturità, facendo un vero e proprio show. Sono stato apprezzato solo in parte, non mi hanno dato il voto massimo che tanto desideravo.

Mi hanno diagnosticato un problema alla spina dorsale, sembrava dovessi sottopormi a un’operazione complessissima, ma ho incontrato un medico mi ha suggerito esercizi da fare ogni giorno. Ho iniziato a farli e non smetto più: anche oggi faccio yoga e riesco a piegare la schiena fino a mettermi la testa tra le ginocchia!